Contra Ius Soli

Ormai un paio di mesi  fa, la neo-ministro per l’Integrazione, Cecile Kyenge, ha lanciato l’idea di introdurre in Italia il concetto di ius soli; fatti tutti i distinguo del caso, come essa stessa sembrerebbe aver specificato, il concetto alla base sarebbe ad ogni modo quello secondo cui la cittadinanza italiana spetti di diritto (ius) ad una persona nata in suolo italiano.

Il Ministro per l’Immigrazione Cecile Kyenge

Personalmente, e senza preconcetti nei confronti di nessuno, sono contrario all’idea (e non mi fido di tutti i distinguo del caso); non si tratta ovviamente (ovviamente) di una posizione dovuta a bieca xenofobia ed a chiusura verso l’immigrante, ché sarebbero, l’una e l’altra, anacronismi inutili e patetici: la nostra società si regge e dovrà reggersi in futuro sulla forza lavoro straniera, a meno di non voler diventare un museo delle cere dal vago sentore di modernariato industriale. Se, poi, c’è chi desidera avventurarsi per trasferirsi da noi, se c’è chi per farlo deve investirvi tutti i risparmi di una vita e spesso anche rischiarvi la vita su di una bagnarola puzzolente,… beh, ad esser lucidi c’è da tirar fuori quel poco di orgoglio che la crisi ci ha lasciato e quel (si spera) di più di solidarietà che abbiamo.  Il motivo per il quale sono contrario a tale idea è che, come troppe volte capitato in questo Paese, si pretende di raggiungere un mirabile risultato senza passare attraverso tutte le necessarie tappe per costruirlo… si cerca, come al solito, di fare gli Italiani, di arraffare la gloria del risultato con mezzucci, senza curarsi degli strascichi. Mi spiego: a sistema l’idea di ius soli presumerebbe che un bambino, una volta nato sul nostro suolo, abbia a disposizione tutti gli strumenti per crescere come parte della società, ma attualmente non è così. La società italiana è ancora troppo famiglio-centrica: il bambino cresce educato nei valori e negli schemi sociali che assorbe in casa. Fintanto che tutte le famiglie sono (chiamamole così) italiane “di sangue”, nessun problema si presenta. Ma cosa succede se invece stiamo parlando di una famiglia formata da immigrati, magari arrivati da pochissimo e con i nonni al seguito? E’ facile indovinarlo: crescerà straniero nel suo solo teoricamente Paese di appartenenza. In società più mature, scuola ed assistenze sociali avrebbero a disposizione per istruire genitori (nati altrove) e figli (nati in loco) circa le differenze tra il loro Paese d’origine e quello in cui si trovano, mettendo ben in chiaro (lo sottolineo: ben in chiaro) le regole e la cultura cui hanno accettato di sottostare, una volta chieso asilo al nostro Paese.

Una struttura dell’Integrazione che abbia la dignità di questo nome dovrebbe assolvere ad una scaletta di compiti ben precisa:

  1. Effettuare accoglienza e filtro alle frontiere (mare, monti, aria), ispezionando chiunque voglia entrare nel Paese; ciò è essenziale al fine di evitare che diventiamo la discarica della schiuma sociale di altri Paesi. E’ inoltre già da questo momento che certa gente va presa per il colletto per illustrar loro chiaro e tondo che certe aberrazioni (furto sistematico, sfruttamento, infibulazione, sottomissione della donna), sebbene tollerate nei loro lidi di origine, qui diventano gravi reati e non sono tollerati, nemmeno nell’ambito domestico. Questo renderebbe i cosiddetti “centri di prima accoglienza” un valore aggiunto.
  2. Provvedere, nel primissimo periodo di soggiorno, una fase di formazione ed istruzione circa la cultura locale, i nostri usi e costumi ed, ovviamente, le nostre leggi. Non c’è nulla di cui vergognarsi se, bene o male, questi hanno funzionato comunque meglio che in altri posti; quindi, una prima cosa da estirpare immediatamente è l’idea che l’ospite appena arrivato possa ridere e cambiare le regole della casa in cui alloggia – o preferite rivedere la vergogna degli immigrati che esultano in piazze italiane per l’11 settembre? Ma pretendere, da chi magari non ha mai ricevuto una lezione di educazione civica in vita sua, che sia pronto ad affrontare una nuova società da solo, è decisamente troppo (ogni riferimento ad un certo nazionalismo degenere “di destra”… è puramente voluto).
  3. Supportare chi, oggettivamente, è arrivato in condizioni disperate (alloggio struttralmente provvisorio, liste di ricerca di lavoro, cibo). Quale immigrato mai si fiderà della società italiana se non ne deriva un aiuto quando è giusto e necessario? Se per sopravvivere devi appoggiarti ai tuoi connazionali perchè il nuovo Paese ti accolto con viso bonario per poi lasciarti da solo in una strada… beh, benvenuti al primo stadio per la formazione di un nuovo ghetto – questa è il giusto scotto che paga una società ipocritamente buonista, che si fregia di voler accogliere tutti e di tutto, per poi buttarli in una strada perchè non può permettersi nemmeno di dar loro quanto è degno (ogni riferimento ad un certo progressismo degenere “di sinistra”… è puramente voluto).
  4. Espellere che non vi si adatta ed infrange le regole. Punto. Non è ingiusto nè inumano, se non stai pretendendo altro che il rispetto dei patti chiaramente illustrati quando li hai accolti. Se hai spiegato ad una persona come si doveva comportare, se non hai preteso l’impossibile, se gli hai dato una mano all’inizio… di chi è la colpa?

immigratiEcco, magari quei quattro punti, messi e sintetizzati brutalmente così, suonano un po’ fumosi, da dichiarazione delle buone intenzioni. Tuttavia, sono ben che sufficienti per illustrare come una vera Integrazione dovrebbe essere strutturata, quali e quante risorse sarebbero necessarie e dove impiegarle. Ad occhio, l’investimento è notevole, ma sempre di buon ritorno. Pare forse invece una dichiarazione di buone intenzioni e nulla più?

P.S.: sembra che il ministro Kyenge abbia ricevuto l’appoggio di Mario Balotelli. Forse il suo progetto non andrà molto avanti, allora, dato che sponsor peggiore, davvero, non avrebbe potuto trovare.

Un Commento

  1. Slp/mm

    Ben detto! Condivido tutto
    Slp/mm

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